Dieta e Invecchiamento

Dieta e Invecchiamento. Le diete anti-età funzionano davvero?

21 Aprile 2024 - Fonte: WIRED

Possiamo vivere più a lungo e in salute mangiando meglio? Sicuramente! Uno stile di vita sano, basato (anche) su un'alimentazione equilibrata è alla base di tutte le strategie di prevenzione raccomandate da enti e istituzioni sanitarie. Ma quanto e cosa mangiamo, può davvero rallentare le lancette del nostro orologio biologico? In sostanza, esistono le diete anti-aging?

La risposta è di certo più sfumata. La rivista americana “Science”, che oggi torna sul tema con una revisione dei principali studi condotti in materia, la riassume scrivendo così: in tema di diete anti-aging è necessario separare la realtà dalla fantasia. E i fatti, a dispetto del marketing, dicono che a oggi non esistono vere diete anti-invecchiamento di comprovata efficacia, specialmente fuori dalle condizioni (controllate) degli studi di laboratorio. Più in generale, scrivono Matt Kaeberlein della University of Washington e colleghi: “A oggi non esistono ancora interventi anti-invecchiamento clinicamente validati negli esseri umani”. Tuttavia “c'è qualche evidenza consistente sugli effetti anti-aging della restrizione calorica e delle diete correlate negli esseri umani”.

Il potenziale anti-aging delle diete a restrizione calorica
I ricercatori parlano di diete di restrizione calorica e diete correlate. Quando si parla di diete anti-aging, di regimi alimentari che hanno il potenziale di ritardare l'invecchiamento e allungare la durata della vita, ci si riferisce infatti soprattutto a regimi di restrizione calorica. Studi condotti su diversi modelli animali (roditori, nematodi, moscerini della frutta) hanno mostrato che interventi di riduzione dietetica - quindi che prevedano un qualche tipo di restrizione nutrizionale, non necessariamente e solo nelle calorie - possono allungare la vita e ritardare l'insorgenza di patologie correlate all'età, così come il declino cognitivo. 

D'altronde, proseguono gli autori, anche qualche dato da studi clinici e osservazioni a livello epidemiologico (come quelle della popolazione di Okinawa, in Giappone, dove storicamente gli abitanti mangiano mediamente meno, vivono più a lungo e con meno patologie come cancro, malattie cardiovascolari) sembrano supportare l'idea che restrizioni dietetiche aiutino a vivere meglio e più a lungo.

La restrizione calorica funziona (ma non sempre)
Alcune diete sembrano più promettenti di altre: sono i classici regimi di restrizione calorica (ma senza malnutrizione), quelle di digiuno intermittente e di diete mima-digiuno, con riduzione di calorie e classi di nutrienti, per esempio carboidrati, come avviene anche nelle chetogeniche. Meno consistenti, sempre in termini di potenzialità di allungare la durata della vita, sono le evidenze che arrivano da regimi di diete isocaloriche ma con restrizioni nelle assunzioni di proteine o amminoacidi, o nelle finestre temporali in cui è permesso mangiare (cosiddette diete a orario). 

Tuttavia anche affermare con certezza che la restrizione calorica funzioni sempre è azzardato: Alessandro Bitto, ricercatore italiano presso l'University of Washington, esperto di biologia della senescenza, ricorda il caso di due studi di restrizione calorica condotti sui macachi che hanno prodotto risultati discordanti: in uno gli animali vivevano più a lungo, nell'altro no. C'erano differenze negli schermi di diete utilizzate, in grado di spiegare i diversi esiti, ma più in generale anche in ambito animale sono ancora troppe le variabili in grado di influenzare i risultati.

I limiti delle evidenze nell'essere umano
A tutto questo si aggiunge l'enorme variabilità dell'ambiente in cui vive l'essere umano rispetto a quella degli animali di laboratorio, potenzialmente (e verosimilmente) in grado di influenzare le risposte alle diete, così come la maggior difficoltà di controllare la composizione nutrizionale del suo cibo, ricordano gli autori. Questo a sottolineare che, anche a voler prendere per buoni i risultati più incoraggianti, ci sono dei limiti alla traslabilità dei risultati osservati nei modelli animali nell'essere umano, in cui condurre studi controllati è senza dubbio più difficile. Come garantire l'adesione a un programma dietetico per decenni? Come gestire le variabilità genetiche, e tutti gli altri fattori confondenti? Al punto che, prendendo coscienza di tutti i limiti nel campo e dei risultati misti che arrivano dalla ricerca, si legge nel paper: “Ci sono reali possibilità che qualsiasi tipo di dieta a restrizione calorica possa aumentare la durata della vita in alcune persone e accorciarla in altre.

Gli effetti benefici contro l'obesità
Tutto questo però non significa, ancora una volta, che le diete anti-aging non funzionano e basta. Anzi. I risultati forse più interessanti son quelli che guardano agli effetti di alcune di queste diete anti-aging (come la chetogenica e la restrizione calorica) nel ridurre l'obesità, e nel migliorare  i fattori di rischio associati ad alcune malattie, come la pressione e la tolleranza al glucosio. Promettenti ma che al tempo stesso non permettono di pronunciarsi liberamente sul reale potere delle diete anti-età, perché parliamo di benefici che potrebbero essere legati solo alla prevenzione dell'obesità e di tutte le complicazioni a essa correlate. 

Ma studiare le diete anti-età ha prodotto indubbi vantaggi nella ricerca: “Negli ultimi 15 anni abbiamo capito, soprattutto grazie agli studi su organismi modello più semplici, che esistono degli hallmarks, ovvero dei segni caratteristici, legati all'invecchiamento, che possono essere considerati quasi dei marcatori”, riprende Bitto. 

Il riferimento del ricercatore è ad alcuni fattori che sono ritenuti essere alla base dei processi responsabili dell’invecchiamento, come ad esempio lo stato di infiammazion, la diminuzione della lunghezza dei telomeri (le estremità dei cromosomi), la presenza e l'attività delle cellule staminali, ma non solo. Esistono dei target molecolari, che sono sensibili agli interventi di restrizione calorica e mediano gli effetti sulla durata della vita degli animali. L'idea ora è di validare queste vie molecolari - compresi i cosiddetti orologi molecolari, correlati all'età biologica - come dei marcatori dell'invecchiamento, e magari osservare come i vari interventi dietetici siano in grado di influenzarli”. E perché no, di usare questi marcatori come dei target su cui agire magari un giorno farmacologicamente.